Il protagonista di oggi: intervista con Giovanni Aloi. Il suo "Moths" una riflessione sulla ciclicità della vita come essenza concettuale, comportamentale, e biologica
Il nostro protagonista di oggi è il compositore e pianista Giovanni Aloi. In questo incontro virtuale ci parla della sua passione per la musica e ci racconta del suo ultimo progetto discografico.
Ci vuole tempo per trovare la propria voce pianistica. Fino a che non la si trova non vale la pena mettersi in gioco.
Come e quando nasce la tua passione per la musica?
Difficile da dire con preciso ma ho una memoria molto vivida di quando avevo circa 4 anni e rimasi affascinato dal concerto n.1 di Tchaikovsky. Mia zia lo aveva su cassetta-si parla circa del 1980. Me lo fece ascoltare su uno di quei mangianastri portatili che si usavano all'epoca. Quelli con la maniglia dal lato dei tasti e l'altoparlante dall'altra. Quell'estate l'avro' ascoltato un centinaio di volte, piu' volte al giorno. Non mi stancavo mai. Per quanto oggi riconosca che primo movimento tenda vagamente al pomposo-pacchiano, le strutture melodiche che lo costituiscono, quelle che ne derivano, e la sua semplicita' ed efficacia emotiva rimangono importanti nel mio lavoro di oggi. Con il tempo e' diventato un archetipo. Penso ci sia parecchio coraggio e genio nell'idea di colpire l'ascoltatore con un tema introduttivo melodramatico di grande impatto che non viene mai piu' ripetuto nel resto della composizione. E' disorientante, crea un aspettatitiva, e prepara l'ascoltatore a fare piu' attenzione a quell oche succedera' poi.
Allo stesso tempo lo vedo anche come un' emblema della deteminazione e originalita' compositiva. La prima esecuzione del concerto fu un disastro. Tchaikovsky in una lettera dice ""Ho suonato il primo movimento -- non una parola, non un'osservazione! [...] Rubinstein stava preparando il suo attacco. Dichiarò che il concerto "non aveva valore, che era impossibile suonarlo, che i suoi passaggi erano goffi, così goffi da non poter essere corretti, che come composizione era pessima, che ho rubato qua e là, che ci sono solo due o tre pagine che vale la pena tenere [...]" Ma fedele alla sua intuizione, imperterrito, Tchaikovsky si rifiutò di cambiare una sola nota. Non intendo questo aneddoto come una giustificazione della testardaggine o arroganza endemica del compositore/artista ma come un'opportunita' per ricordarsi che spesso l'opinione altrui a poco a che fare con il valore effettivo od il successo di un pezzo. Per me e' un invito al non temere le melodie e a credere nella propria intuizione, a perseverare.
E' stato facile seguire questa passione per te, o hai avuto difficoltà? Se si quali?
Difficilissimo. I mie genitori non sono musicisti. Tutti e due lasciarono la Calabria negli anni 60 per trasferirsi a Milano in cerca di una vita migliore. La passione per il piano mi e' venuta appena dopo aver sentito il concerto n1 di Tchaikovsky, a 4 anni. Ho chiesto ai mie genitori di mandarmi a lezioni di piano. Loro si impegnarono a cercare un maestro ma la situazione si blocco' quando divenne chiaro che per imparare avrei anche dovuto avere il piano a casa per esercitarmi. I soldi non c'erano. Ho dovuto aspettare fino ai 16 anni per noleggiarne uno e cominciare ad imparare da solo. Poi ho suonato in un paio di gruppi con amici e ho passato parecchi anni a registrare, comporre, provare. Ci vuole tempo per trovare la propria voce pianistica. Fino a che non la si trova non vale la pena mettersi in gioco. Molti suonano il piano-composizioni altrui ripetute piu' o meno fedelmente, ma comporre il tuo e' un discorso di vocalizzazione personale. Per anni mi sono chiesto come la mia vita sarebbe potuta essere diversa se avessi avuto l'ooportunita' di imparare quando ero piccolo. Ma oggi riesco ad essere orgoglioso del mio percorso perche' la maniera in cui suono il piano e' tutta mia e non il risultato degli insegnamenti classici. Ovviamente le influenze contano. Ma ci sono cose che posso e non posso fare e ci sono anche cose che probabilmente non farei se avessi seguito il percorso classico convenzionale.
Moths è il risultato di un periodo complesso dal 2016 al 2020 che ho vissuto a Chicago durante la presidenza di Donald Trump: il razzismo, fascismo, le insurrezioni, la violenza.
Come potresti descrivere il tuo modo di comporre?
Parte da una melodia che emerge da un'esperienza o una situazione. Non compongo con intento al piano. Ho bisogno di un punto di partenza che esiste altrove. Poi incomincio a lavorarlo. È un po' come una conversazione un ascoltare ed un rispondere finche' il pezzo prende forma. Poi comincio a pensare in maniera più calibrata alla struttura anche in relazione ad altri pezzi, al contesto, per non ripetermi o per ripetermi in maniera cosciente e intenzionale. Ma tendo sempre a rispettare l'iniziale impressione della melodia e il come questa si sia presentata. Ritorno a pensare alle situazioni dalle quali emerge in modo da ritenerne un senso di coerenza e di originalità.
Quali sono i tuoi musicisti di riferimento?
Una combinazione di neo-classica contemporanea e jazz: Nils Frahm Ólafur Arnalds, Fiona Bruce, Shida Shahabi, Keith Jarrett, Lukas Boysen, Erik Satie, Max Richter, and Peter Broderick. E sono anche un patito di elettronica da Air a Bords of Canada, Lunz, Daft Punk, Plaid...
Di recente è uscito il tuo nuovo album "Moths", puoi parlacene un po'?
Moths è il risultato di un periodo complesso dal 2016 al 2020 che ho vissuto a Chicago durante la presidenza di Donald Trump: il razzismo, fascismo, le insurrezioni, la violenza. Lavorare su Moths mi ha dato il tempo, lo spazio, e la concentrazione necessaria per trovare un equilibrio. Penso l'album sia una riflessione sulla ciclicità della vita come essenza concettuale, comportamentale, e biologica. Le falene sono simultaneamente metafore di memorie e ciclicità ma anche punti di riferimento stilistici e compositivi. Moths foneticamente echeggia la parola thoughts. Ho quindi cominciato a seguire questa affinità in relazione alla ciclicità di quei pensieri che non mollano e che per una ragione od un'altra si ripresentano periodicamente quasi imponendoci di trovare una soluzione, di rassegnarci, o di insistere. Mi è sembrato che le melodie che mi giravano intorno in quel periodo avessero una simile tendenza.
Cosa ne pensi dell'ispirazione e come vivi il tuo rapporto con la creatività?
Spesso sopravvalutata ed impacchettata come cliché' dell'artista torturato... l'ispirazione, per me, e un'idea, un progetto, un percorso che ti tiene sulle spine e che continua ad attirarti verso territori da esplorare. Quando un'idea si presenta e la si sviluppa si entra in una relazione con altri fattori e non si riesce a mollare, bisogna ritornare e confrontarsi nuovamente con il progresso od il disastro del giorno prima. La creatività è tutto. La creatività non conosce categorie e gerarchie. È l'essenza del vivente che racchiude il nostro cosmo: animali, piante, esseri umani, funghi, batteri. Questo pianeta è un fascio creativo in cui tutto è intimamente interconnesso e la trasformazione è l'unica verità. La creatività, non l'arte, ha il potere di cambiare il mondo. La creatività, non l'arte, è veramente libera dalle costrizioni di classe sociale, razza, e genere. Sfortunatamente, il capitalismo ha banalizzato a morte la creatività. Oggi, nella cultura popolare, la creatività è qualcosa per bambini o professionisti che lavorano nella pubblicità e nel design. Infatuati dal mito dell'artista e ingannati dalle sue promesse, abbiamo perso il senso vero della creatività come la forza trainante di tutti i nostri sforzi produttivi. La creatività è il motore del cambiamento: è ciò che dà senso alla vita.
Cosa pensi del panorama musicale di oggi?
Interessantissimo per quello che riguarda la vastità e qualità dell'offerta. C'è molta più musica ed è molto più facile ascoltare musica da tutto al mondo. Internet ha cambiato radicalmente il mondo della musica in maniere positive per l'ascoltatore, a volte anche per il musicista, ma non proprio positive per le case discografiche. Per quello che riguarda il genere neoclassico comunque questo mi sembra un momento importante nel senso che he diventato in genere indipendente con il suo mercato e pubblico. Questa canonizzazione ha però anche portato un po' troppa similitudine fra gli artisti. L'idea che il genere si presti molto all'ascolto passivo tende ad invogliare una certa semplicità e mancanza di drammaticità.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Sto' lavorando su una serie di video per Moths. Sono interessato alla potenzialità espressiva dei video-album. Sto' anche lavorando ad un nuovo album che è quasi finito.
Chi è Giovanni Aloi?
Moths (Falene) è una serie di brani neoclassici per piano ed elementi elettronici composti e registrati tra il 2016 e il 2020. Queste tracce sono sedimentazioni di stati d'animo e pensieri che hanno definito le mie esperienze da membro della comunita' LGBTQ+ dopo essermi trasferito negli Stati Uniti in un momento di intensa attività politica e tensione sociale. Motivi ricorrenti, circolarità compositive, e occasionali sprazzi di luce delineano un viaggio in un sottobosco oscuro di paesaggi sonori per lo più malinconici. Ogni traccia prende il nome da una specie di falena che vive in luoghi che a un certo punto nella mia vita ho chiamato casa. Le strutture e gli stati d'animo compositivi sono stati in gran parte definiti dal modo in cui questi insetti crepuscolari volano, esplorano la vegetazione, vengono accattivate dalla luce, e scompaiono nell'oscurità. Lavorare su queste tracce è diventato nel tempo un modo per elaborare eventi e impressioni, un'opportunità per identificare e raccogliere significativi momenti, frammenti, e memorie che ritornano alla mente.
Ascolta "Moths"
Piattaforme digitali: https://bfan.link/moths
Vinile: https://www.bluespiralrecords.com/product-page/vinile-moths-giovanni-aloi