Il protagonista di oggi: intervista con Andrea Barone. Pianosphere vol.2 è il suo nuovo lavoro discografico.

19.06.2024

Il nostro protagonista di oggi è il compositore e pianista Andrea Barone. 

Andrea si è diplomato al Conservatorio "G. Martucci" di Salerno in Composizione multimediale e in Pianoforte. Ha studiato composizione con Lucia Ronchetti, Mario Gagliani, Raffaele Grimaldi, pianoforte con Giuseppe Squitieri, Renato Costarella. Ha seguito masterclass di composizione con Ivan Fedele, Roberto Doati, Denis Dufour, Tristan Murail, Helmut Lachenmann. Da vent'anni è attivo come tastierista e arrangiatore in varie formazioni live e in studio. Nel 2021 ha pubblicato "Reborn", il suo primo album solista, con Trees music studio. Laureato anche in Scienze della comunicazione, ha pubblicato il saggio "Soundtrax. La musica d'arte del '900 nel cinema d'autore", per Auditorium Edizioni.

Chi è oggi Andrea Barone?

Sono un insegnante di musica, insegno tra licei musicali e scuole medie. Ritengo importante la didattica, sia perché mi piace trasmettere la bellezza e la passione per la musica ai ragazzi, sia come processo di continua formazione per sé stessi. Impari e comprendi davvero qualcosa quando riesci ad insegnarla. Poi pur essendo diplomato in pianoforte classico mi definisco più un tastierista, in quanto da sempre faccio uso di tastiere elettroniche e suono generi che le richiedono. Infine un compositore, anche se credo di non essermi espresso ancora abbastanza e quanto vorrei in questo campo, ma questo è il mio prossimo obiettivo. Mi piacciono poi tante altre cose oltre alla musica, a volte ad essa collegate, come il cinema e le colonne sonore, la lettura e la poesia, la scrittura.

Puoi raccontare come componi una nuova opera?

C'è l'idea iniziale, la cosiddetta "ispirazione", che di solito arriva all'improvviso, per caso, senza che tu vada a cercarla, a volte anche di notte nel dormiveglia. Poi però, come affermava il grande Morricone, l'ispirazione è solo l'1% del processo, il resto è lavoro e dedizione. A volte le idee rimangono latenti per anni, fino a quando giunge il momento in cui chiedono di essere esternate. Quindi bisogna onorare l'intuizione che ti arriva da chissà quale dimensione, sviluppandola, fino a renderla concreta e fruibile, altrimenti un'idea finché resta tale rimane soltanto un'astrazione, come cantava Giorgio Gaber.

Lavori su un pezzo alla volta o su più brani contemporaneamente?

Dipende dai momenti, di solito lavoro a più brani contemporaneamente. Durante la produzione di Pianosphere ho lavorato nello stesso periodo su molti brani, tanto che a un certo punto le idee sono cominciate a diventare tante, e non facili da gestire tutte insieme. Anche per questo motivo ho deciso quindi di suddividere il progetto in due volumi, con 2 album di 8 brani ciascuno, toccando 16 compositori diversi.

Si influenzano a vicenda?

Credo di sì, c'è sempre influenza delle composizioni fra di loro, anche nella prospettiva di ottenere un proprio stile riconoscibile, che si evolva nel tempo. Allo stesso modo sono sempre presenti le influenze di tutti gli ascolti musicali pregressi, che spesso agiscono in maniera inconscia e diventano riconoscibili dopo tempo.

Come descriveresti il tuo "suono"?

Il mio ideale di suono è un suono ibrido, sia dal punto di vista degli strumenti musicali, unendo cioè strumenti acustici e strumenti elettronici, che dal punto di vista del genere musicale, che è un po' l'idea che sta anche dietro Pianosphere. Oggi domina l'elettronica, è possibile realizzare brani semplicemente col proprio computer, ed in realtà è anche quello che ho fatto nell'album, utilizzando suoni campionati di piani elettrici storici, come il Fender Rhodes e il Wurlitzer. Penso tuttavia che le cose più interessanti derivino sempre dall'unione e dall'incrocio di più elementi diversi, come può essere, ad esempio, l'unire uno strumento acustico con l'omologo strumento elettrico (ad esempio batteria elettronica e percussioni), inserire una chitarra classica in un arrangiamento elettronico, trovare nuove sonorità, contaminare i generi e gli stili.

Cosa è cambiato con il tuo nuovo lavoro "Pianosphere vol.2"?

Questo secondo volume è sulla scia del primo, ma penso di averci messo ancora più impegno e cura del dettaglio, e nel complesso lo ritengo probabilmente migliore. Anche qui ho rielaborato brani per pianoforte classico, alcuni dei quali molto noti, composizioni dal carattere pacato e malinconico, come i due singoli già usciti, la Fantasia n. 3 in re minore di Mozart e la Gymnopédie n. 1 di Satie. Il brano numero 5 della track list anche stavolta si discosta dagli altri, ma in maniera ancora più marcata rispetto a quello del primo volume, che era un rondò di Clementi. Qui ho rivisitato l'Allegro molto di Bartòk, dalla Suite op. 14, con organo hammond e piano elettrico, ispirandomi a Keith Emerson, che ritengo il più grande tastierista di sempre, i cui album sono ricchi di riferimenti e citazioni a brani di compositori classici. Ne è venuto fuori quasi un brano rock, e non a caso Bartòk credo possa essere considerato un precursore di suoni e ritmi tipici di questo genere. Inoltre la traccia 4 è abbastanza particolare, in quanto non si tratta di un brano o di un movimento completo, ma è un estratto da una sonata di Haydn, usato in maniera molto suggestiva nel film "Intervista col vampiro" del 1994, e per questo definito "Lestat's theme", dal nome del protagonista. 

Infine, su cos'altro stai lavorando in questo momento?

Dopo aver pubblicato rivisitazioni di musiche di vari autori, sia come mia ricerca ed esplorazione sonora che come omaggio a loro, con i 2 album di Pianosphere e con alcune cover di canzoni che amo, voglio tornare a dedicarmi alle mie composizioni. Ho molto materiale su cui lavorare e da far venire fuori, sia nell'ambito delle composizioni strumentali che della canzone, che sono i due generi in cui riesco ad esprimermi. Spero quindi di tornare a pubblicare presto qualcosa di mio.